Poesie by Giosue Carducci
autore:Giosue Carducci [Carducci, Giosue]
La lingua: ita
Format: epub
editore: Utet
pubblicato: 2012-12-31T23:00:00+00:00
LXIV
PRIMAVERE ELLENICHE
(III. ALESSANDRINA)
Nella prima metà del maggio 1872, per una settimana, il poeta fu a Milano, vi incontrò la donna amata, visitò con lei il Duomo, il vecchio e ora scomparso cimitero di San Gregorio o di Porta Orientale, il parco di Monza. Composta pochi giorni dopo, l’ode evoca la giornata cimiteriale, celebra carduccianamente, nell’itinerario poetico-amoroso tra i sepolcri, l’unione di amore e morte, segue il volgersi del poeta dalla temperie mortuaria e di un maggio milanese ventoso e piovoso, ove risalta languida e rabbrividente la figura della donna, verso il regno della verace, eterna primavera, dei poeti e delle belle, verso l’Elisio classico, anticipando i temi e le impressioni — e in questa anticipazione verificando il rapporto — di due odi barbare così diverse, eppure l’una e l’altra così caratteristiche della mente e dell’arte carducciana, come Alla stazione e Presso l’urna di Percy Bysshe Shelley. La percezione «moderna» del cimitero gotico-cristiano, tormentato dal vento gelido e velato dalla pioggia insistente, si converte, vuol convertirsi nella visione ideale, nel sogno, peraltro anch’esso «moderno», del giardino grecoromano dei beati, l’«autunno del romanticismo» sfuma nell’ellenismo parnassiano, e a sua volta tardoromantico, propiziato dai poeti tedeschi e inglesi di primo Ottocento, per non ricordare ora, a lato di una tale compenetrazione di amore e morte, così fervida ed esaltante come intimamente nostalgica e melanconica, altri e non pochi nomi, di musicisti e artisti del romanticismo europeo. Una «terza sorella», insomma, questa Primavera,«assai poco o punto greca, e men che meno “ellenistica”, epigrammatica quindi ed erudita» (TREVES); e in ogni caso assai diversamente configurata e caratterizzata dalle altre due. Sì che risulta dubbio il sottotitolo di Alessandrina datole in un secondo tempo per allinearla alla Eolia e alla Dorica, e di conseguenza lievemente lambiccata, anche se forse la sola plausibile, la spiegazione data a quel sottotitolo: «Tenendo ormai alla caratteristica di poeta greco [Carducci] dovette pensare che oltre tutto anche i greci avevano conosciuto un loro romanticismo e la poesia della morte, e questo si ebbe particolarmente nell’ultimo periodo della loro letteratura, in quello alessandrino. Con la differenza però, nei rispetti del romanticismo moderno, che per i greci, come anche per lui, così almeno voleva credere, la morte non distruggeva l’amore, ma l’eternava» (SALINARI).
Ode alcaica rimata alla maniera di Rolli e Fantoni: in strofe di due decasillabi non rimati e due settenari piani a rima baciata; ogni decasillabo è composto da due quinari accoppiati, dei quali il primo è a volte sdrucciolo, a volte piano, il secondo sempre sdrucciolo.
L’autografo reca il titolo In Camposanto e le date 21-27 maggio 1872. Comparsa la prima volta nella citata edizione Barbèra delle Primavere elleniche col titolo definitivo, l’ode ebbe le stesse vicende editoriali delle altre due. Nell’epistolario carducciano le testimonianze che la riguardano s’intrecciano estesamente con quelle relative alla Dorica, composta in parte nello stesso tempo e chiamata dal poeta a un continuo rapporto di comparazione con l’ultima venuta, anche per uscire dalle incertezze della pubblicazione, che poteva essere comprensiva delle tre odi ovvero distinta fra le prime due e la terza.
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